giovedì 5 ottobre 2017

Bond “spazzatura”: grafico dimostra che si sta formando una bolla

WSI 5 ottobre 2017, di Daniele Chicca
La situazione nel mercato dei bond societari è anomala e ha spinto alcuni commentatori di mercato a lanciare un avvertimento circa la formazione di una bolla. Alan Greenspan sostiene che la bolla si stia creando nel mercato dei titoli di Stato statunitensi, invece potrebbero essere i corporate bond a capitolare per primi. Che sia meglio suonare il campanello d’allarme nel settore prima che sia tardi lo si capisce bene dal grafico sotto riportato.
I rendimenti dei titoli obbligazionari ad alto rischio – quelli definiti “spazzatura”, i cosiddetti junk bond – scambiano in prossimità dei minimi record. Le emissioni di bond che non offrono garanzie e protezioni e che offrono rendimenti succulenti sui mercati in un contesto di tassi ancora molto bassi stanno per raggiungere i massimi di tutti i tempi.
Se la bolla dei junk bond scoppierà, quando lo farà potrebbe facilmente mettere in crisi anche le Borse e provocare una discesa dei rendimenti dei Treasuries Usa. A quel punto anche l’economia ne subirebbe le conseguenze, rischiando di sprofondare in una fase di recessione.
Uno dei grafici più belli ed esplicativi che circolano nelle sale operative oggi riguarda il livello raggiunto dai rendimenti dei junk bond dell’area euro. La corsa dei titoli, alimentata dalle misure ultra accomodanti della Bce di Mario Draghi, che sta comprando obbligazioni (anche societarie e non solo governative) al ritmo di 60 miliardi di euro al mese, ha spinto i tassi sotto quelli dei bond americani omologhi.

mercoledì 4 ottobre 2017

Un altro record di cui andare orgogliosi

Già ne abbiamo collezionato un altro di record di cui andare orgogliosi: ben 111 mld di evasione al Fisco.. una cifra mostruosa e oscena che leva risorse al paese e costringe tutti quelli che non possono fare a meno di pagare le tasse a pagarne di più per coprire il buco: solo che questo non è una ma un buco nero vero e proprio che ingoia tutta la ricchezza prodotta: o meglio c'è chi si arricchisce alle spalle degli altri che si impoveriscono pagando tasse esose, troppe e troppo esose... complice la politica che negli ultimi decenni non ha fatto una vera e propria lotta a questa inciviltà diffusa, anzi ne ha fatto un punto di lotta 'affamare la bestia' lasciando sacche di illegalità diffusa in cui chi ha potuto ne ha a mani basse approfittato.
Un deterrente poteva essere l'aspetto penale: tolto; un altro la disapprovazione sociale, chiamatela pure gogna, ed invece sono diventati modelli.. anche perchè non sono stati pochi i politici che sono stati anch'essi imputati per gli stessi reati quindi se il vertice va in questo senso non si ptoeva certo che fare dei condoni e alleggerire le sanzioni fino a .... se beccati non gli accade nulla, soprattutto per i grandi evasori, o quasi: storia diversa per i piccoli che si ritrovano per pochi euro ad aver a che fare con il fisco: con questi la bestia non gli lascia scampo!!!! un altro ancora il controllo dei flussi di denaro ma.. come prima si venivano a scoprire troppi altarini.. e gli evasori votano!!!
Se ne esce? Si se si cambia strada.. altrimenti rassegnatevi e pagate
p.s.
bisogna sempre aver presente che il fenomeno non è nuovo in questo paese: c'è sempre stato. Fin dagli anni '50.. ma è esploso con il periodo dell'emersione dei nuovi ceti poco inclini al pagarle: per intendersi durante il periodo del pentapartito. Da allora è stata una corsa a chi paga di meno pur pretendendo dallo stato gli stessi livelli di prima... folle

martedì 3 ottobre 2017

Las Vegas, il terrorismo (quello vero) made in Usa


L’ennesima ecatombe che giunge da Las Vegas è soltanto l’ultima strage di un impero decadente, senza etica e senz’anima. Un Paese avvinto alle lobby, in particolare quelle degli armamenti. Secondo il Sipri di Stoccolma, nel 2015 sono stati spesi 1.800 miliardi in armamenti. Quasi la metà di questa cifra è da attribuire agli Stati Uniti. Una cifra astronomica che alimenta quella macchina mostruosa che il presidente Dwight D. Eisenhower definì: “Complesso militare industriale”. Una macchina destinata a crescere sempre di più e a infrangere il sogno di un mondo pacificato.
Una violenza che non si è declinata solo all’esterno, ma anche all’interno dei propri confini. La lobby degli armamenti è talmente potente che neanche dinanzi a stragi in asili o scuole è stato possibile mitigare la vendita di pistole e di fucili d’assalto. Negli ultimi anni (svanito il “pericolo” comunista) si è innescata volutamente un’isteria di paura contro il “terrorismo”. Iniezioni di rabbia e insicurezza hanno permesso nuovi investimenti che hanno gonfiato ulteriormente l’industria degli armamenti. In realtà, i veri terroristi gli Usa li hanno in casa propria e sono coloro che si arricchiscono sempre di più seminando timori fallaci per vendere sempre più armi. Oggi, gli Stati Uniti sono un immenso Far West.
Secondo il Report archivio disarmo 2015, negli Stati Uniti le armi da fuoco causano la morte di più di 30mila persone, 20mila delle quali attribuibili a suicidi. Nel suo libro Questa non è l’America, Alan Friedman ricorda che in America circolano circa otto milioni di fucili d’assalto, complessivamente 350 milioni di armi in una popolazione di 319 milioni di abitanti. Se Obama non ha potuto intaccare lo strapotere dell’industria degli armamenti, neanche dinanzi a questa carneficina c’è da aspettarsi una presa di posizione di Donald Trump contro la facilità d’acquisto di armi negli Usa. La campagna elettorale di Trump è stata finanziata generosamente dalla National rifle association (Nra), ovvero una potentissima associazione a tutela dei detentori di armi da fuoco. Il tycoon promise persino che, una volta eletto avrebbe eliminato le gun free zone, cioè in quegli spazi pubblici come scuole, chiese e uffici in cui non è permesso portare pistole o fucili.
Dopo la strage di Las Vegas, è da prevedere che le lobby degli armamenti, per rendere più flebile l’ondata di proteste da parte di chi desidera una regolamentazione più severa sull’acquisto delle armi, gonfieranno la “fake news” che Stephen Paddock, il sessantaquattrenne colpevole dell’eccidio di Las Vegas, era legato all’Isis. Alcuni, ancora una volta tenteranno di trovare un capro espiatorio, di innescare dubbi. La realtà è che oggi in molti Stati negli Usa è possibile anche a squilibrati, fanatici e delinquenti acquistare legalmente armi micidiali come se fossero bibite gassate.
Il germe della violenza è stato un elemento costitutivo degli Usa. La nascita degli Stati Uniti è stata preceduta da un genocidio, quello degli amerindi e poi dallo sfruttamento di milioni di schiavi di colore rapiti dalla loro terra per essere sfruttati fino all’ultima goccia di sudore e di sangue. A prevalere è la stupida legge del taglione, una legge che alcuni anche in Italia vorrebbero sempre di più innestare dimenticando che però con “l’occhio per occhio” si diventa tutti ciechi. Gli Usa è un Paese accecato dalla violenza, senza più luce che sta conducendo con la sua arroganza imperialista l’intero pianeta nelle tenebre.
di | 2 ottobre 2017

lunedì 2 ottobre 2017

Catalogna 2017: Europa dove sei?

già.. ho parafrasato un famoso slogan anarchico che prendeva in giro, a ragion veduta, i comunisti per la loro ignavia quando i loro confratelli spagnoli, soggetti a Stalin, e i falangisti chiusero a tenaglia Barcellona anarchica stritolandola..... la storia si ripete? Non credo ma non manca certo d'ironia. La storia di questa terra è lunghissima e molto controversa ed ha attraversato, nel corso della storia (wikipedia), diversi momenti: dalla completa autonomia dello Stato fino alla negazione perfino della sua lingua sotto Franco. Insomma non è certo una società tranquilla e dormiente come la nostra... con un siffatta storia si potevano evitare le immagini di vecchie picchiate a sangue? Si se al Governo spagnolo, alla cui guida c'è il banchiere Mariano Rajoy, non si fosse messo in testa di dargli una mano; nel senso che se avesse fatrto i passi giusti e avesse mostrato spirito democratico e nicchiato sugli aspetti provocatori del referendum ora il problema non si porrebbe con la forza che vediamo: al massimo avrebbe votato una percentuale al di sotto del 50% e il valore effettivo del tutto sarebbe stato pari, o vicino, allo zero dando agli indipendentisti al massimo qualche nuova autonomia ma mantenendo per le cose principali: teniamo presente che la Catalogna è fra le zone più ricche del paese e che senza la Spagna sarebbe monca di una discreta percentuale del proprio pil!!! E invece.... e invece l'ottusità e l'intolleranza non potevano che prevalere; l'isterismo dimostrato (l'invio di migliaia di poliziotti che hanno fatto speme dei catalani e le continue dichiarazioni sulla illegalità del referendum.... certo che era illegale: i catalani hanno messo su una rivlluzione attraverso una frattura sociale come un referendum indipendentista; e quando si fanno queste cose non si va certo dal notaio con carta bollata e timbri) è stato un formidabile assist all'indipendentismo: anche coloro che erano scettici e contrari, o entrambi, si sono schierati per il si e non tanto perchè convinti quanto perchè, memori del franchismo, hanno ben compreso l'attacco liberticida fatto dal Governo!!!! Se si ama la libertà non si può che essere favorevoli al si catalano.. con un siffatto governo soprattutto! Se ne esce? No, non credo, anzi la situazione non potrà che peggiorare, sia che prevalga l'indipendentismo sia che il governo, bancario/finanziario, spagnolo della destra riprenda il controllo.. non c'è scampo: il seme è gettato e prima o poi darà, nel bene e nel male, i suoi frutti.
Sapete chi è mancata in tutto ciò? L'europa (si proprio con 'e' minuscola... anzi più minuscola che si può)!!! Sapete cos'hanno sostenuto i nostri signori di Bruxelles? 'Sono affari interni della Spagna': pilatesca che più non si può ha deciso di guardare altrove.. e perdendo per l'ennesima volta la faccia, e non solo quella, non solo rispetto ai propri, ormai presunti, cittadini ma pure di fronte alla comunità internazionale dimostrando ancora una volta la vaghezza della sua costruzione politica che non interessa a nessuno di questi signori: questi sono, invece, molto più interessati ai soldi. Infatti NON si sono fatti problemi di INGERIRSI negli affari interni della Grecia, di Cipro, del Portogallo e.. nostri; ma questi sono affari anche loro e di chi lì ce li ha messi mentre invece del referendum catalano gli interessa fino a un certo punto, ani forse proprio nulla: affari interni dicono e queste potrebbe, fosse magari la volta buona, l'epitaffio da scrivere sulla tomba della costruzione comunitaria basata sulal finanza e dove il popolo è solo sfondo, a volte rumoroso a volte no, e il suo controllo è lasciato ai locali governatori, leggi politici.... bene ora al dunque non hannosa puto far altro che mettere la testa sotto la sabbia nascondendovisi. Ma sanno che non è finita: se passa la Catalogna, con qualunque esito, c'è: la Scozia, l'irlanda del nord; ecc. fino ai nostri folkloristici... leghisti.
Dovevano pensarci per tempo: va bene dividersi con le banche le finanze nazionali ma almeno non nascodersi dietro al dito; dovevano sapere che quanto più lontano è il potere maggiore è la spinta popolare a ricercare e affermare la propria identità.. anche con una, si spera, pacifica rivoluzione!!!! Ha firmato la propria condanna... bisogna capire solo 'il' quando e non il perchè perchè già noto è. Certo ci potrebbe essere la spinta a reprimere a priori ma allora non si potrebeb che dar ragione ai 'gombloddisdi' che vedono in essa il male assoluto: quello stesso male che il reazionario Reagan vedeva nell'ormai morta URSS!!! E sappiamo quali sono stati gli esiti per entrambi gli ex contendenti: l'urss sparita e gli usa in mano a una cricca finanziaria che muove i fili del tutto.... e malgovernata da un tycoon da operetta che è l'immagine personificata dello scolorito e decadente paese delle libertà!

domenica 1 ottobre 2017

Referendum Catalogna, Europa e intellettuali zitti di fronte agli abusi di Madrid

di | 30 settembre 2017 Il Fatto Quotidiano

Nel silenzio inquietante dei media e delle istituzioni europee si avvicina la data del referendum catalano e con esso quello della possibilità dell’esplosione violenta dei contrasti al cuore stesso dell’Europa, in una nazione che di guerra civile ne ha già avuta una (ricordate Guernica?), nella quale di fatto il fascismo franchista non è mai stato sconfitto, ma è morto (letteralmente) di morte naturale, con decenni di scontri violenti e violentissimi nel Nord basco e non solo, con una Costituzione giovanissima (del ’78) nella quale il problema delle autonomie (non solo quella catalana, ma anche quella basca e quella galiziana) non è mai stato risolto del tutto dopo la violenta repressione di tutto ciò che castigliano non era ai tempi del Caudillo.
È davvero sorprendente che si parli così poco di una situazione che rischia di essere ben più drammatica del referendum scozzese, e della stessa Brexit, sorprendente che molti, quasi tutti, condannino il ‘nazionalismo’ catalano, ma tacciano a proposito di quello castigliano, che nessuno veda come la Catalogna sia stata scelta dal premier Mariano Rajoy per giustificare la sua incapacità di risolvere la crisi di fronte alle regioni povere e poverissime della Spagna (l’Estremadura, ad esempio), per scaricare su Barcellona le colpe di Madrid (e di Bruxelles).
Cosa è essere o meno a favore dell’indipendenza della Catalogna, o ritenere legalmente valido o accettabile, o invece illegittimo e privo di conseguenze il referendum del 1 ottobre, altra inviare in Catalogna migliaia di militari, arrestare funzionari pubblici, sequestrare tutti i materiali elettorali prodotti da un’istituzione autonoma e legittima, oscurare siti istituzionali, prepararsi per impedire fisicamente l’ingresso dei cittadini nei seggi già sprangati.
Se proprio si voleva essere certi che il referendum non avesse alcun valore, se non bastava il Parlamento nazionale spagnolo a sancirlo, sarebbe bastato annullare tutte le schede con un timbro. Ed in ogni caso esistono decine di istanze nazionali e sovranazionali, tanto politiche, quanto economiche e finanziarie, che sarebbero in grado di fermare l’eventuale processo di separazione, o di gestirlo verso un accordo accettabile, per esempio quello che impedirebbe al Tribunal Costitucional di annullare ogni e qualsiasi legge il Parlamento catalano emani e che si discosti dalla linea della maggioranza al governo. Non a caso l’unico a pronunciarsi con preoccupazione è l’Onu sostenendo tesi molto simili a quelle che espongo qui.
Quello che si sta mettendo in atto, invece, è il set per uno scontro violento con l’intenzione evidente di dare ‘una lezione’ a chiunque non concordi con il neo-Caudillo. Barcellona, ogni giorno che passa, sembra sempre di più Genova…
Quello che conta per Madrid è impedire ‘fisicamente’ che si vada a votare, cioè stabilire, come a Genova, il controllo del territorio, dare una dimostrazione muscolare che sia d’esempio per tutti. Se l’Europa tace è anche perché sarebbe singolare che il mandante denunciasse il suo aguzzino. E speriamo che nessuno tra i nemici comuni decida di colpire Barcellona, come ha appena fatto, approfittando dello scontro intestino.
Dalle minacce velate da paternalismo del Segretario di Stato Nieto, fino alla chiusura dello spazio aereo sulla capitale catalana, tutto fa pensare che domenica il problema non sarà stabilire se sia o meno valido il voto, ma impedirlo materialmente e riaffermare, una volta per tutte, che sulle Ramblas continua a comandare Madrid.
Il silenzio degli intellettuali europei è assordante. E’ singolare continuare a dare del fascista antidemocratico a chiunque provi a parlare a favore del #1-0, strillare spaventati di fronte alle mobilitazioni popolari e pacifiche, alle prese di posizione di decine, centinaia di istituzioni catalane e non solo catalane e poi non vedere il dispositivo repressivo abbastanza impressionante che Rajoy sta facendo convergere sulle città catalane. O girare il capo dall’altra parte di fronte all’arroganza di Madrid, far finta di nulla se a capo delle operazioni viene chiamato quel falangista mascherato di Diego Pérez de los Cobos, uno che i baschi hanno già denunciato per tortura, far finta di nulla se centinaia di fascisti accerchiano il meeting dei sindaci e delle cariche pubbliche catalane e feriscono una partecipante. Ignorare, a un passo dallo scontro, gli appelli – saggi, tolleranti, lungimiranti – del sindaco Ada Colau, che separatista non è, e neanche fascista, anzi.
È mai possibile che la sinistra italiana (sempre più inquietante) sia paralizzata da possibili (quanto inopportuni) paralleli tra l’inesistente Padania e le richieste di una comunità che ha un’identità secolare che ha fatto la storia d’Europa e del Mediterraneo e taccia in modo imbarazzante su una faccenda di questa importanza? Come si fa a confondere l’Aragona con la Padania?
Javier Cercas e le sue recenti dichiarazioni non fanno eccezione, imho. A volte scrittori e poeti sono singolarmente ciechi davanti alla realtà.
L’Europa che si nasconde dietro l’artificio retorico per il quale si tratta di faccende ‘interne’ alla Spagna, invece, non stupisce per nulla: se può tenersi in pancia Orbàn, volete che non digerisca Rayoy?
di | 30 settembre 2017

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