A
meno di 20 ore dall’elezione del nuovo presidente della Repubblica,
centinaia di persone si sono radunate in una delle piazze simbolo della
Capitale. E’ il primo messaggio di fronte al programma di rafforzare
il Jobs act all’italiana: “Se lui vuole fare in fretta, noi scenderemo
nelle strade ancora più velocemente”.
Presidenza di Emmanuel Macron, giorno 1.
Se al nuovo Capo dello Stato francese serviva un assaggio di come
saranno i prossimi mesi sulla poltrona più importante della Francia, è
stato accontentato in meno di 20 ore. “Non sei lì con il nostro voto. Il
lavoro non si tocca”, è stato il coro di migliaia di persone radunate
in place de la République a
Parigi e poi in corteo fino alla Bastiglia.
Eccolo il primo avvertimento di studenti, sindacalisti e militanti di sinistra
di fronte al programma del presidente (che tra l’altro entrerà in carica solo fra una settimana) di rafforzare il Jobs act all’italiana
e di modificare il codice del lavoro. Mentre gli imprenditori e alcuni
sindacati hanno preso tempo in attesa di vedere le mosse del
presidente, il
Front Social, una realtà che unisce
collettivi e i rappresentanti dei lavoratori Cgt e Sud, ha deciso di
chiamare subito alla mobilitazione. Durante il corteo ci sono state,
come ormai da routine in ogni manifestazione, alcuni momenti di
tensione con le forze dell’ordine e dopo una carica della polizia i
partecipanti si sono lentamente dispersi.
La Francia, e la
Capitale soprattutto, portano ancora le tracce nella memoria delle
manifestazioni di piazza contro la legge sul lavoro (la famosa Loi El
Khomri) voluta e approvata sotto la presidenza di
François Hollande.
Era maggio 2016, e le proteste sarebbero servite a poco. Anche per
questo oggi, le strade si sono affollate con così poca difficoltà. “
Siamo qui per esorcizzare e per contarci.
Sappiamo che con Macron non cambierà niente ed è importante dare un
segnale. Non potrà fare quello che gli pare”, ha detto Loic, elettore
dell’estrema sinistra di
Jean-Luc Mélenchon. Dal palco i
sindacalisti hanno spiegato ancora meglio il messaggio: “A Macron noi
rispondiamo con la lotta. Non toccherà i diritti dei lavoratori. Se
vuole fare in fretta, noi siamo pronti a scendere ancora più in fretta
per le strade”. Sono tutti qui gli astensionisti, quel 25,38 per cento
di elettori (la cifra più alta dal 1969) che ha deciso di non
presentarsi alle urne, ma anche quelli che invece ci sono andati e lo
hanno fatto a malincuore pur di opporsi all’estrema destra di
Marine Le Pen.
La manifestazione è iniziata intorno alle 14 in
place de la Republique,
la stessa piazza dove per mesi ci sono state le commemorazioni per le
vittime degli attentati terroristici e là dove gruppi di attivisti
hanno organizzato le
Nuit debout per la partecipazione
cittadina. La tensione è salita durante il corteo, anche se non ci
sono stati particolari scontri. Lo scoppio di una bomba carta ha
provocato la reazione degli agenti di polizia che si sono schierati nel
mezzo del boulevard isolando un gruppo di manifestanti. Un poliziotto
ha alzato uno spara lacrimogeni puntandolo all’altezza del viso degli
attivisti, che si sono subito radunati davanti alle forze dell’ordine.
Dopo vari minuti di tensione, è intervenuto uno dei sindacalisti
chiedendo all’uomo di abbassare l’arma: “La prego”, ha gridato più
volte fino a che non è stato ascoltato. A quel punto il corteo ha
cercato di avanzare, ma è stato bloccato da un gruppo di agenti che
hanno caricato le prime file. Dopo quindici minuti di tensione, i
manifestanti si sono dispersi nella piazza della Bastiglia.
L’8
maggio per i francesi non è un giorno qualunque: si festeggia la
vittoria contro i nazisti dopo la seconda guerra mondiale e scuole e
uffici rimangono chiusi. In mattinata Macron ha partecipato alla
cerimonia ufficiale sugli
Champs-Elysées, a cui poche
ore dopo hanno replicato i militanti del Front Social. Nelle strade
hanno sfilato gli uni accanto agli altri simboli politici e delle
rappresentanza sindacale, i grandi assenti della festa al Louvre della
sera prima. Con loro anche ecologisti, gruppi anti-capitalisti e
anarchici. Tutti, in modo unanime, hanno minacciato lunghi mesi di
mobilitazione se il piano della nuova presidenza sarà rispettato. “Si
tolga dalla testa”, ha spiegato
Basile Peot,
sindacalista Sud delle Scnf, “che noi stiamo a guardare mentre lui
smantella i diritti dei lavoratori. Il suo programma è lo stesso di
Nicolas Sarkozy o
di un qualsiasi politico di destra e non potremo che rispondere con la
lotta”. Anche Basile è tra quelli che ieri non sono andati alle urne:
“Ho esitato fino all’ultimo, ma quando ho visto che i sondaggi
pubblicati in Belgio nel pomeriggio lo davano in testa ho deciso di
stare a casa. Proprio non potevo farcela a dargli il mio voto”. Al suo
fianco Giorgio Stassi, sindacalista pure lui e da 20 anni in Francia per
lavoro: “Non ci faremo trovare impreparati. Il suo programma parla
chiaro e così noi non ci stiamo”. Ma il corteo non era monopolio dei
sindacati: a sfilare con cartelli e bandiere della
France Insoumise o del
Partito comunista,
anche tanti delusi della sinistra. Magali ad esempio, ha chiesto al
compagno di andare al corteo dopo quella che lei ha chiamato “la brutta
giornata” di domenica: “Avevo bisogno di vedere che non siamo da soli.
Che per tanti essere stati costretti a votare Macron pur di dare uno
schiaffo alla Le Pen, è stato traumatico. Io ho esitato fino in fondo e
poi mi sono detta che era la cosa giusta da fare. Ma oggi avevo bisogno
di non sentirmi sola”. Loic, l’ha tenuta abbracciata per tutto il
tempo: “Saranno cinque anni molto difficili”.
Il Fatto Quotidiano