sabato 15 novembre 2014

Catalogna: da 80% sì indipendenza. E in Italia la vuole uno su tre

Fonte: Wall Street Journal Italia
ROMA (WSI) - Un netto messaggio che l'Europa non può ignorare, e che conferma le tendenze separatiste che continuano a mettere a rischio il Continente.

Nel voto simbolico per l'indipendenza della Catalogna dalla Spagna, ha trionfato il blocco dei sì. Di fatto, al 90% circa dei voti scrutinati, l'80,72% di più di 2 milioni di elettori catalani che si sono recati alle urne, hanno espresso il desiderio di staccarsi da Madrid.

In concomitanza, nel commentare i venti di secessione nella penisola iberica, Ilvo Diamanti su La Repubblica segnala un sondaggio di Demos, da cui è emerso che oltre il 30% del campione nazionale è d'accordo con l'indipendenza della propria regione dall'Italia. "Quasi uno su tre, dunque".

Gli indipendentisti italiani si trovano soprattutto a livello regionale in Veneto e rappresentano il 53%. In Piemonte e Lombardia si parla del 35% della popolazione, e in Sardegna e Sicilia il 45% si dice indipendentista. La voglia di secessione da Roma è ben presente anche nel Lazio (35%).

Tornando alla Catalogna, il voto è stato organizzato dai militanti indipendentisti e non è riconosciuto legale da Madrid. Ma il presidente catalano Mas ha sottolineato che i partiti a favore dell'indipendenza faranno pressioni questa settimana sulla capitale del paese affinché prenda atto dell'esito.

Mas ritiene che la Catalogna abbia il diritto di decidere il proprio futuro politico. Ma secca è stata la risposta del premier spagnolo Rajoy che, tramite il suo portavoce, ha ribadito che il voto non è valido e che l'atteggiamento di Mas non è d'aiuto per stabilire un incontro.
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p.s.
un europa figlia di come l'avevano pensata i suoi grandi padri, fra cui spinelli, non hanno motivo di esistere nè piccole patrie nè singoli stati perchè ogni singolo europeo aveva il suo spazio, piccolo o grande che fosse, e la sua idea... ma con un europa preda della finanza anzi occupata militarmente dalla finanza e dai suoi diretti rappresentanti dove vige la regla "frega il tuo vicino (che poi sarebbe lo Stato fratello.. luxLeaks docet)" e che va a ruota di ragionieri e affaristi tipo fondo algebris che speranza ha di essere accettata dai cittadini nel loro intimo... meglio le piccole patrie.

giovedì 13 novembre 2014

In Grecia il governo vuole assumere insegnanti su "base volontaria" (senza pagarli)

Fonte: l'antidiplomatico
Si pensa al modello contrattuale perfetto per la Troika
 
Il ministro dell'educazione del governo greco, Andreas Loverdos, vuole riempire una carenza di 1,100 insegnanti con persone che dovrebbero essere grate ed orgogliose di lavorare “su base volontaria”. E' talmente grottesco il contesto che accompagna alcune dichiarazioni ed eventi della storia recente della Grecia che, se non fosse il contesto drammatico di un paese in cui tre cittadini su cinque hanno oltrepassato o stanno per superare la soglia di povertà, ci sarebbe quasi da sorridere.

Ma è tutto drammaticamente vero e il governo Samaras, riporta KTG, cerca di colmare le lacune sempre più gravi nelle scuole a causa dei tagli voluti dalla Troika e l'imposizione del blocco delle sostituzioni del personale che va in pensione con dei missionari praticamente.
 
Nel piano di Loverdos, i volontari saranno poi premiati con “punti bonus” che li aiuteranno per future assunzioni. “Non posso raggiungere l'obiettivo di 1100 nuovi insegnanti perché non ho fondi”, ha dichiarato il ministro a TA NEA. Se lo stato inizia ad assumere su base volontaria, il settore privato può fare quello che vuole con i salari in un paese drammaticamente colpito dalla recessione.

Non si sa se il neo-liberista dal partito “socialista” del Pasok Loverdos, ironizza KTG, cerca un modello per un nuovo contratto di lavoro, ma certamente è emblematico delle condizioni cui è costretto il paese. E, infine, qualcuno avverta il ministro che, come scrivono tutti i media, la Grecia è una straordinaria storia di successo. Samaras non avrà quindi problemi a trovargli i fondi necessari.

p.s.

si presuppone che campino d'aria questi "volontari"........ ammesso che li trovino. La follia dei tempi è tale ormai che non ci sarebbe più da meravigliarsi eppure al peggio non c'è mai fine, nemmeno in italia dove gli eletti con una legge anticostituzionale pretendono di cambiare un paese con "riforme" che dovrebbero farci diventare uno dei primi paesi europei: meriterebbe l'Oscar delle bufale  se non fosse che davvero cercano di farle!!!! Pensate un pò: negli usa si fa ricorso spesso ai volontari anche nella scuola l'introduzione di un siffatto modello in europa suona significativo e tragicamente vero soprattutto se si pensa che a proporre queste genialate sono i ...... socialisti del pasok!

mercoledì 12 novembre 2014

Fondazioni bancarie: fermateli!

dal Fatto Quotidiano di Lavoce.info | 12 novembre 2014
Le fondazioni bancarie, sorrette da politici locali senza scrupoli, stanno nuovamente ostacolando gli aumenti di capitale degli istituti nell’occhio del ciclone dopo l’Asset quality review. Sia a Siena sia a Genova, dopo aver già bruciato miliardi di patrimonio, sono disposte a prosciugare del tutto la dotazione della fondazione pur di non mollare la loro presa sulle banche conferitarie. Le fondazioni bancarie descritte in passato come le salvatrici del nostro sistema bancario sono così diventate il principale fattore di instabilità.
Se la Fondazione Monte Paschi avesse investito il suo patrimonio in un fondo diversificato, come si conviene a una fondazione, anziché usarlo per assicurarsi il controllo e il (pessimo) governo di Mps, oggi avremmo una banca sana in più e una ricca fondazione che poteva servire le esigenze sociali dei senesi per i secoli a venire. Abbiamo invece una banca al tracollo e una fondazione immiserita.
Se Fondazione Carige avesse seguito le indicazioni della Legge Ciampi anziché concentrare il 90 per cento del proprio patrimonio in Banca Carige, se non si fosse indebitata pur di non scendere per molti anni sotto il 46 per cento del capitale dell’istituto, oggi avremmo una banca ben capitalizzata, aperta ad accogliere un management moderno anziché vertici imposti dalla fondazione, di stretta nomina politica. Invece, la fondazione si ostina a opporsi all’aumento di capitale richiesto dall’Eba mettendo a rischio la sopravvivenza dell’istituto.
Come più volte argomentato su questo sito, l’uscita delle fondazioni dal capitale delle banche è desiderabile sia dal punto di vista del buon funzionamento delle banche che da quello della sopravvivenza delle fondazioni. Come scriveva Adam Smith, quando l’amministratore di una società ne esercita il controllo senza metterci soldi propri, lo farà “ma senza la stessa ansiosa vigilanza che userebbe se in gioco ci fossero i suoi soldi”.  È quello che è accaduto a Mps e a Carige ed è ciò che ha travolto banche e fondazioni nei due casi.
Ci sono molte altre realtà a rischio. Se si vuole evitarlo, la politica che oggi controlla fino al 75 per cento dei consigli delle fondazioni, deve fermare quest’azione suicida. Il buon esempio non può che venire dall’alto. Basterebbe che Renzi, che si è impegnato a combattere i poteri forti, impegnasse il suo partito a far uscire le fondazioni dalle banche liquidando le partecipazioni nelle banche conferitarie. Chieda ai membri del suo partito che occupano posizioni di rilievo nelle fondazioni di procedere in tal senso. E lo faccia presto.
di Tito Boeri e Luigi Guiso, 11 novembre 2014, lavoce.info
p.s.
le fondazioni sono il vero tesoro delle banche.. non da ora ci sono voci e osservatori che chiedono siano sciolte per lo scandaloso connubio fra esse e la politica: troppo spesso personaggi di un mondo passano all'altro senza soluzione di continuità.. di questi tempi poi la cosa puzza troppo!

martedì 11 novembre 2014

Renzi, e il suo ‘codice Renzi': un alfabeto reaganiano

di Furio Colombo | 11 novembre 2014

A prima vista Renzi ti sembra il tipico ragazzo un po’ troppo estroverso a cui piace provocare meraviglia. Poi, pensando bene alla sua età e alla sua precoce ma intensa carriera politica (quattro posizioni di vertice in cinque anni) hai di fronte due strade. O Renzi, come accade a molte persone di rapido successo, è brillante ma immaturo, e improvvisa per meravigliare senza pensarci troppo. Oppure segue un percorso già rigorosamente prestabilito. Come un buon giocatore di golf, di buca in buca, il nostro campione deve arrivare a una vittoria.
Ancora non sappiamo per che cosa e con chi, visto che lui, nella sua indiscussa bravura, sembra sempre di più un messaggero che un angelo vendicatore. Per rispondere a questa domanda, o almeno per chiarirci le idee, possiamo esibire due reperti. Uno è “il codice Renzi”, ovvero il modo in cui questo nuovo, giovane premier ama esprimersi con una sorta di festosa ridondanza, in cui il compiacimento va sempre a se stesso (se non altro come inventore della battuta), e una sgridata punitiva riguarda sempre altri, che non hanno capito.
Il secondo reperto lo dobbiamo a una intelligente intuizione de Il Giornale (26 ottobre) che, profittando di una ricorrenza, ha pubblicato il primo discorso politico di Ronald Reagan (27 ottobre 1964). Cito dal testo del quotidiano di Berlusconi (restando quindi nel territorio protetto dal Patto del Nazareno): “Libertà è l’idea che il governo sia soggetto al popolo sovrano. Ed è proprio il problema che si pone oggi: se noi crediamo nella nostra capacità di autogovernarci o se invece intendiamo abbandonarci a una élite intellettuale (…) I Padri fondatori sapevano che, al di fuori delle funzioni che legittimamente competono ad esso (Difesa e politica estera, ndr) lo Stato non riesce a fare nulla bene e con uguale parsimonia quanto il settore privato dell’economia al suo posto (…) Essi sperano di risolvere il problema della povertà tramite l’intervento dello Stato e programmi governativi. Ora se la risposta fosse davvero interventi governativi e Stato assistenziale, non sarebbe stato lecito aspettarci risultati sul declino dei bisognosi? In realtà ogni anno il fabbisogno aumenta, e aumenta il costo degli interventi (…). Questi uffici che proliferano, con le loro migliaia di regolamenti, ci sono già costati molte delle nostre garanzie costituzionali. Ora, non sono necessari l’esproprio e la confisca della proprietà privata per imporre a un popolo il socialismo. Un tale apparato è già in vigore. Lo Stato, infatti, è in grado di addossare un capo d’accusa su qualunque impresa scelga di perseguire. Ogni uomo d’affari ha la sua storia di molestie da raccontare”. Nel suo commento il curatore della pagina, Andrea Camajora, opportunamente fa notare: “A cinquant’anni di distanza stupisce l’attualità dirompente dei principi individuati da Reagan, che rappresentano un vero e proprio programma di governo. Anche per l’Italia di oggi”.
Infatti basta seguire il percorso oratorio che porta a Renzi, come le briciole lasciate nel bosco della famosa fiaba. “Trovo veramente surreale che la segreteria della Cgil voglia trattare la legge di Stabilità con il governo. I sindacati devono trattare con le imprese. Non devono trattare le leggi col governo, cui spetta di scriverle e trattare su di esse con il Parlamento. È ora di finirla di pensare di poter bloccare il lavoro dell’esecutivo”. Ma questa dichiarazione (nel programma del 27 ottobre di Lilli Gruber, bentornata a La7) si completa di altre affinità elettive con Reagan, quando Renzi parla d’Europa: “Dei burocrati e dei funzionari a cui darò del filo da torcere”. Prima ancora, in altre occasioni, aveva annunciato “lotta radicale alla burocrazia”. Però come non ritrovare l’annuncio che il popolo sta sopra il governo quando Renzi proclama “il partito della nazione”, usa cioè la parola più amata dalla destra, perché, più ancora di popolo, può essere interpretata come un valore spirituale che travalica istituzioni e Costituzione e sta, in qualche modo, “sopra” tutto il resto, lamentele politiche incluse? E
Come non ritrovare il Reagan che è contro il governo, contro lo Stato, contro la burocrazia parassita, quando Renzi proclama che sta lavorando per “restituire i soldi ai cittadini”, espressione misteriosa perché quei soldi li sta prelevando da altri cittadini con lo stesso reddito poco brillante? Quanto alla separazione dei poteri, così apertamente svilita da Reagan prima ancora che da Berlusconi (“ogni uomo d’affari ha la sua storia di molestie da raccontare”) ci sono due momenti esemplari nella retorica renziana: quando il presidente del Consiglio esclama in pubblico “I giudici? Brrrr che paura”. E quando afferma solennemente, in due diverse occasioni: “Non permetteremo ai giudici di cambiare un organigramma di governo” (dopo un avviso di garanzia a un sottosegretario). E “Nessuno può cambiare i vertici di una impresa come gli pare”, dopo che due alti personaggi dell’Eni (Descalzi e Scaroni) erano risultati inquisiti. Poi c’è l’annuncio, quasi festoso, che “il posto fisso non c’è più” che non è il vero problema di cui soffrono moltissimi cittadini. Il vero problema è che il lavoro non c’è più. E che la questione, un tempo, prima dell’irruzione del privato, riguardava i governi. Ecco, abbiamo alcune notizie sul “codice Renzi” e i suoi precedenti.
Resta da domandarci: perché? Voi dite, perché ha successo. Giusto. Anche Grillo, prima di Reggio Calabria.
il Fatto Quotidiano, 9 Novembre 2014
p.s.
aggiungo solo che, a dispetto dei tanti che ancora non comprendono la portata del renzismo, in giro c'è tutto un mondo della finanza che ha voglia di revanscismo nei confronti degli altri..... si proprio quel mondo che ha creato e indotto la crisi sia con comportamenti, che definire criminali è usare un semplice eufemismo, che vanno dallo speculare sui titoli pubblici dei paesi deboli (Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo, ecc.) soprattutto nelle dark pool, la finanza oscura e nascosta, sia attraverso le operazioni sui derivati scambiati contro, gli ormai mitici,  Credit Default Swap (l'assicurazione sui titoli pubblici o per meglio spiegarsi la scommessa che vadano sotto o sopra una certa soglia); e, se non bastasse, anche l'induzione pervicace dei mercati verso le loro scommesse attraverso accordi sottobanco con i controllori per "forzare" liber ed euribor (i due tassi che stabiliscono l'andamento degli interessi su titoli, mutui, prestiti ecc. sia fra banche che fra esse e i clienti) cosa per cui hanno pagato multe miliardarie per poi ricominciare esattamente da dove avevano lasciato....  e questo in europa; negli usa, se possibile, è andata anche peggio perchè hanno spremuto soldi finchè hanno potuto dallo Stato americano e poi hanno presentato il conto.. con il fallimento di alcune agenzie e società date in pasto al pubblico mentre i CEO tutti si staccavano assegni milionari!!! Questo si chiama "turbocapitalismo".. questo è il mondo con cui dobbiamo fare i conti e non è un caso che il paese più americanizzato d'europa, l'italia, veda dietro un pupazzo di plastica uno dei massimi esponenti di questa finanza e un altro terminale di certa finanza medio-orientale essere i veri ispiratori dei disegni di legge in questo paese e senza nemmeno nascondersi, anzi..... questo superceto ha dei sodali e dei servi che vedono la possibilità di ascendere socialmente laddove non pensavano emmeno di poter aspirare di entrare: i santuari, ormai sacrari funerari, della democrazia italica: parlamento, governo ecc.

lunedì 10 novembre 2014

Il giorno che cambiò il mondo.. in peggio

Cade? E' caduto? Alla fine il mondo cambiò e la parte "libera" ebbe il sopravvento e tutti tirammo un respiro di sollievo.. il comunismo era morto w la libertà e il capitalismo. Tutto bene, quindi? No, e fin da subito.

Innanzitutto, nel timore di una rinnovata egemonia tedesca, Francia e Inghilterra strinsero i tempi per la convergenza dei paesi fondatori della futura UE ben sapendo che almeno metà dei paesi non ERANO pronti anzi forse contavano proprio sulla loro arretratezza per fermare la locomotiva tedesca. Naturalmente avevano ragione e torto: ragione perchè la locomotiva tedesca ripartì al massimo dei giri sia perchè c'era il mercato "coloiale" della ex DDR sia perchè comprese prima di altri che doveva contare sulle altrui debolezze sia perchè ha ascoltato e compreso il trend degli anni successivi e poteva contare sul fatto che gli altri si sarebbero attardati in inutili discussioni "sociali". Avevano torto perchè non fecero i conti con ...... i tedeschi e la loro capacità di adattamento rispetto agli imprevisti.
Un altra ragione era intrinseca al capitalismo stesso.... non avendo più un nemico non c'era più la necessità di mostrare un volto umano, sociale ma quello vero: un sistema "liberale" dove l'individuo era al centro del tutto e l'unica cosa che conta è la sua capacità di affermarsi senza fermarsi a stendere le mani ai caduti; fossero Stati, ceti o altri individui se restavano indietro erano persi, non esistevano semplicemente: chiamatelo liberalismo economico o liberismo il risultato dell'equazione eugenetica non cambia, se non ce la fai no esisti. Oh si certo, la cosa è affascinante perchè la ownership society in una società ideale è il massimo ma nella realtà attuale rappresenta solo una riproposizione di quanto era già accaduto dal 1799 a 1900: chi si trova in alto nella gerarchia sociale ha una strada molto facilitata rispetto a chi si trova più in basso; ha le scuole migliori, le università, ecc. gli altri possono solo sperare di riuscire a saltare il fosso. Rodotà in un suo saggio l'aveva preconizzato che la caduta del muro di berlino avrebbe avuto effetti collaterali ben al di là del singolo periodo ed ha avuto ragione. Non aveva, però, previsto la sparizione di un intero ceto sociale, i lavoratori: un terzo che non esiste più se non quando sono oggetto delle crisi e dei processi di ristrutturazione economica e meno che meno sono visibili oggi che la società è finanziarizzata.
La Klein, a sua volta, in "nologo" ci aveva anche avvisato: conta il progetto, l'idea.. poi dove viene prodotto non ha importanza alcuna anzi meglio se il lavoro costa meno: intere nazioni si sono specializzate in un singolo ruolo, ad esempio la Cina che è diventata la grande manifattura del pianeta; l'India dove c'è il passaggio dalla fase creativa a quella pre-produttiva; la Corea del Sud, e le zone franche di quella del nord, dove il comparto manifatturiero pesante ha il suo maggior sviluppo con la più grande acciaieria del globo.. tutto si è specializzato, diviso, segmentato a scapito, proprio, del modello europeo che era intrinsecamente perfetto se non avesse abbracciato a sua volta il liberismo di stato.
Si quel muro è caduto e la guerra fredda è finalmente finita; ne è scoppiata un altra: quella degli abbienti contro tutti gli altri.. molto meno fredda, però. Non ci sono morti e non ci sono schieramenti ci sono solo quei pochi che avvantaggiati dal sistema che, potere per il potere, hanno tutto l'interesse a vedere lo scannatoio messo su per il loro profitto e divertimento.......
Ci abbiamo proprio guadagnato dalla caduta di quel, maledetto, muro?
Ci siamo davvero entrati in una società migliore di quella precedente?
L'abbiamo proprio vinta quella guerra?
Un modo per capire in quale buco nero siam caduti è seguire i soldi: chi ci si arricchisce e chi si è arricchito? Dove son finite le riserve valutarie in oro dei paesi? Dove sono le nostre 3200 circa tonnellate di oro che erano la riserva su cui poteva contare il paese e chi le ha in mano o per meglio dire chi le gestisce e perchè e su quale mandato?

domenica 9 novembre 2014

Curioso, il finanziere di Renzi punta sul crollo Mps. E vince

FONTE: LIBREIDEE.ORG
A volte può bastare un annuncio a effetto, per fermare il terremoto. Se invece l’annuncio non arriva, e se il terremoto si chiama Monte dei Paschi di Siena, ci rimetteranno sia i rispamiatori di Mps che i contribuenti, che saranno poi chiamati a sostenere la banca. Ci rimettono tutti? Non proprio. C’è anche chi specula sul crollo, per farci soldi a palate. Per esempio Davide Serra, il finanziere di Renzi, ospite fisso alla Leopolda da cui impartisce lezioni politiche contro operai e sindacati. Tutto questo, sostiene il blog “Senza Soste”, si chiama scandalo. Perché è impossibile non vedere la concertazione degli eventi, il silenzio del premier che non è intervenuto per impegnarsi su Mps e la fiduciosa attesa di Serra, un broker che gioca al ribasso, sicuro di vincere. «Sì, proprio lui, l’amministratore delegato del fondo Algebris, che ha la gigantografia di Mandela in ufficio a Londra, comprata ad un’asta dove c’era Angela Merkel, e che chiede di sanzionare chi fa sciopero in Italia. Insomma lo sponsor finanziario più noto di Matteo Renzi».
Nell’ambiente, Serra è noto come operatore che fa vendite allo scoperto: acquista in anticipo l’obbligo di vendita di azioni e obbligazioni a una determinata data, sperando che nel frattempo il loro valore crolli, in modo da rivendere guadagnandoci, senza aver prima acquistato neppure un titolo. «Grossomodo è quello che è accaduto realmente, quando Serra ha incassato forti dividendi dal crollo in borsa di Mps», scrive “Senza Soste”. In questi casi, la vigilanza bancaria può segnalare la posizione di vendita ribassista allo scoperto, e la Consob qui lo ha fatto prima che il titolo crollasse. «Ma può fare anche un’altra cosa: può direttamente vietare la vendita allo scoperto per impedire comportamenti speculativi. La Consob naturalmente non ha vietato nulla, il titolo Mps ha finito di crollare e Serra ha guadagnato». Cosa poteva fare il governo? «Elementare: tutelare i risparmiatori Mps, e i contribuenti che dovranno ripianare la voragine di Siena».
Sarebbe bastato «portare il presidente del Consiglio davanti ai microfoni, gesto che gli riesce benissimo, per dichiarare che si sarebbe fatto di tutto per salvare Mps, in modo da far risalire il titolo e contenere i danni sia ai risparmiatori che ai contribuenti». Questo però avrebbe mandato in fumo la scommessa di Serra sul crollo della banca toscana. Così, Palazzo Chigi rischia di apparire come «il più gigantesco covo di insider trading del paese», una postazione privilegiata «dove si detengono informazioni riservate, ad esempio, su Mps e, guarda te il caso, dove gli amici del presidente del Consiglio su Mps finiscono per guadagnarci». Conclude “Senza Soste”: «Una volta poi smantellato il sistema locale del credito in Toscana poi qualcuno pagherà: contribuenti e risparmiatori, ad esempio. Bravi bischeri che votate Pd, continuate così: votate chi lascia, noi e voi, in mutande».

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