di Mario Portanova | 19 agosto 2014
La riforma della giustizia di Matteo Renzi dovrebbe arrivare in consiglio dei ministri il 29 agosto, ma c’è un nodo gigantesco che rischia di restare irrisolto: la prescrizione.
La macchina giudiziaria italiana è ingolfata anche perché molti
imputati che si sanno colpevoli preferiscono puntare al colpo di spugna
finale percorrendo tutti i gradi di giudizio, invece di chiudere subito
la partita accettando le pene scontate previste dai riti alternativi.
Questo vale soprattutto per i colletti bianchi, tanto che l’Unione europea ha più volte chiesto ufficialmente al nostro Paese di riformare la prescrizione che, per come funziona ora, garantisce l’impunità a un imputato per corruzione su dieci.
L’ultimo richiamo è contenuto nelle raccomandazioni del Consiglio europeo all’Italia del 29 maggio 2013: “Occorre
dar seguito alla legge anticorruzione del novembre 2012 e vi è margine
per migliorare ulteriormente l’efficacia della repressione della
corruzione, in particolare agendo sull’istituto della prescrizione,
caratterizzato attualmente da termini brevi”. La richiesta è rimasta
lettera morta per più di un anno, ma a quanto è trapelato finora la
riforma annunciata da Renzi sarà ben lontana dal soddisfarla.
OGNI ANNO 100MILA PRESCRITTI. In
Francia la prescrizione si interrompe appena l’autorità giudiziaria
compie qualunque atto d’indagine, così come in Germania, mentre nel
Regno Unito neppure esiste. E in Italia? In Italia “lo famo strano”, con
un sistema che porta alla morte di oltre 100mila procedimenti penali
l’anno. Anche da noi la clessidra riparte da zero ogni volta che la
giustizia interviene con un ordine di custodia cautelare, una richiesta
di rinvio a giudizio, una sentenza di condanna e simili, ma la legge “ex Cirielli”
del 2005 (con Silvio Berlusconi premier) stabilisce che per i non
recidivi (quindi la stragrande maggioranza dei politici e dei colletti bianchi coinvolti in inchieste su corruzione
e criminalità economica) la prescrizione non possa essere comunque
superiore al tempo fissato dalla legge (legato alla pena massima
prevista per il reato) aumentato di un quarto. In Germania, tanto per dire, il limite massimo comprese le interruzioni arriva al doppio dei termini originari.
40MILA PROCESSI “SPRECATI”. L’annunciata
riforma del governo Renzi, che dovrebbe essere discussa in Consiglio
dei ministri il 29 agosto, potrebbe contenere soluzioni ancora più
originali, secondo le indiscrezioni riportate da Repubblica: la
prescrizione si fermerebbe in caso di condanna di primo grado, ma
continuerebbe a correre in caso di successive assoluzioni. Una
possibilità prevista anche dalla Commissione Fiorella istituita nel 2012
dall’allora ministro della Giustizia Paola Severino:
l’idea, si legge nella relazione del 23 aprile 2013, è che “a ogni
riscontro processuale della fondatezza dell’ipotesi accusatoria
corrisponda la necessità di bloccare almeno temporaneamente il decorso
della prescrizione, così da assegnare alla giurisdizione un tempo
ragionevole per compiere la verifica della correttezza della decisione
nei gradi di impugnazione”. Rimarrebbe così irrisolto uno dei principali
problemi legati alla prescrizione all’italiana: nel 2012, sono stati
quasi 39mila i colpi di spugna arrivati mentre erano in corso i processi di primo grado o di appello,
con un evidente spreco di uomini e mezzi, entrambi scarsi nella
macchina ingolfata della giustizia di casa nostra. Nel 2007 il governo
Prodi approntò un ddl che non solo allungava i tempi, ma stabiliva che
la prescrizione cessasse di scorrere in caso di condanna in appello. Ma
la legislatura finì prima della sua approvazione definitiva.
Come
per la legge elettorale, invece di mutuare sistemi che in altri paesi
sono consolidati da anni il governo scegli vie impervie e inesplorate.
Soprattutto su temi caldi per i quali l’accordo con il centrodestra – Ncd e berlusconiani
– è da confezionare con il bilancino. Non a caso la riforma della
prescrizione è stata un nodo di scontro durissimo tra i componenti della
larghe intese di Monti, all’epoca della discussione della nuova legge
anticorruzione poi approvata nel 2012, con
Berlusconi pronto a far cadere il governo, nonostante il momento di
massima emergenza economica, se i tempi fossero stati allungati. I “12 punti” sulla riforma della giustizia annunciati dal governo il 30 giugno
– con rituale conferenza stampa in pompa magna – affrontavano il tema
(al punto 9) con la dovuta cautela: “Accelerazione del processo penale e
riforma della prescizione”.
I RICHIAMI DELL’EUROPA: “TROPPI CORROTTI IMPUNITI”. Eppure anche questa è una cosa che “ci chiede l’Europa“.
Lo ricorda l’Ufficio studi della Camera, che il 26 maggio ha prodotto
un corposo dossier sul tema: “Il rilievo dell’eccessiva brevità del
termine di prescrizione è emerso in diverse sedi sovranazionali (per
esempio, nel Rapporto Ocse del maggio 2013 sulla corruzione) e, in
special modo, nel Consiglio d’Europa”. Proprio sul fronte della
corruzione, l’ufficio studi della Camera ricorda il Rapporto del Greco
(il Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione) del 2
luglio 2009, nel quale si sollecita l’Italia “ad adottare misure tali
che la pronunzia giudiziale di merito sui reati contro la pubblica
amministrazione pervenga in tempi ragionevoli, sottolineando che
l’estinzione dei reati per prescrizione, pur in presenza di compendi
probatori solidi e affidabili, costituisce motivo di sfiducia della
collettività nella giustizia”. Un richiamo rinnovato nel rapporto anticorruzione della Commissione europea del 3 febbraio 2014,
che sottolinea l’inadeguatezza della legge “Severino” del 2012 su
questo fronte. Il rapporto cita uno studio secondo il quale i
procedimenti per corruzione estinti nel nostro Paese per scadenza dei
termini di prescrizione sono intorno al 10% ogni anno, contro una media
negli altri Stati Ue dallo 0,1 al 2%.
Nel 2012 (ultimo dato ufficiale disponibile) sono stati dichiarati prescritti 113mila procedimenti penali,
il 7% di tutti quelli giunti a una conclusione. Un dato in calo (erano
207mila nel 2003), ma pur sempre “un’intollerabile abdicazione” dello
Stato, l’ha definita il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce
all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014. In Cassazione,
sottolinea l’ufficio studi della Camera, il 13,7% delle prescrizioni
riguarda i reati contro la pubblica amministrazione. I
presunti tangentisti sono tra i principali beneficiati della
prescrizione all’italiana. I termini scattano dal momento in cui il
reato vine commesso, in genere molto prima che si apra la relativa
indagine, e le pene lievi (leggermente inasprite dal nuovo testo
anticorruzione del 2012) comportano altrettanto brevi tempi di scadenza.
Il resto lo fanno i buoni avvocati che spesso i colletti bianchi
possono permettersi. Risultato, ha rivelato l’Espresso nel febbraio
scorso, in un Paese sempre punito dalle classifiche internazionali sulla
trasparenza, tra i detenuti in carcere “si contano soltanto 11
accusati per corruzione, 26 per concussione, 46 per peculato, 27 per
abuso d’ufficio aggravato”.
GERMANIA, PER I POLITICI LA PRESCRIZIONE E’ LUNGA.
La prescrizione è una garanzia per il cittadino, e infatti è prevista
da molti ordinamenti. Solo che altrove è regolata in modo più lineare.
E’ sempre l’Ufficio studi della Camera a informarci che in Francia
il termine per perseguire i reati più gravi ( i “crime”, crimini, nel
diritto francese) è di dieci anni, ma “possono essere interrotti da
qualsiasi atto di istruzione e di azione giudiziaria”. In Germania i tempi sono ancora più lunghi, ma soprattutto: “Nel caso di reati compiuti da membri del Parlamento federale
o di un organo legislativo di un Land”, la prescrizione viene
computata non da quando è stato commesso il reato, ma “a partire dal
momento in cui viene avviato il procdiomento a carico del parlamentare”.
Ecco un’altra pratica che difficilmente troverà spazio nella riforma
della giustizia targata Renzi-Alfano-Berlusconi. In uno Stato indubbiamente di diritto come il Regno Unito,
la prescrizione in sé non esiste, e limiti all’inizio di un’azione
penale sono posti solo per i reati più lievi, mentre per i più gravi, le
“indictable offence”, “non sussitono limiti temporali”, e comunque è
il giudice che valuta caso per caso “la sussistenza del’interesse
pubblico nell’esercizio dell’azione penale” anche se è passato molto
tempo dal fatto.
p.s.
aggiungo solo che se queste sono le riforme..... se ne può fare volentieri a meno sia di queste che di tutte le altre!
Nessun commento:
Posta un commento